Lo Avresti Mai Immaginato?

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- "Odio l'incertezza! Sentire di non sapere dove sto andando, muoversi alla ceca, tenendo per paura, sempre una mano al muro e senza nemmeno riuscirmi a staccare per andare a toccare la parete opposta" -
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In momenti di calma il tuo insieme non ti sembra disastroso; ti convinci che puoi farcela e che quello che non hai fatto oggi lo farai sicuramente domani, "lastricando - giorno dopo giorno - il tuo viale per l'inferno".
Aspetti che la svolta arrivi cadendoti dal cielo, come la manna miracolosa che cadde sul popolo di mosè; poi ricordi che i miracoli, se capitano, non arrivano per te, ma per quelli che dalla vita non si aspettano nulla di buono.
Si, in fondo al cuore sei uno stupido ottimista. Ti senti come un bambino che aspetta Babbo Natale, pronto a ricevere e a stringere, con tutta la forza che hai, il dono che ti spetta, perchè in qualche modo ti è dovuto! Comunque, non è ne Natale e nemmeno sei un bambino.
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- "Datti una mossa che è tardi!" - desideri che sia una voce a dirtelo non la tua sopita coscienza. Passi davanti alla camera da letto e dai un'occhiata a tua moglie immobile sotto le coperte.
- "Beata lei che non deve alzarsi presto tutti i santi giorni." - e prosegui verso il bagno senza accendere luci. Mentre fai la doccia guardi la tenda e ti viene in mente il film Psycho di Hitchcock
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Ti ha sempre spaventato e continua a farlo anche stamattina al punto che ti giri e guardi il muro.

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- "Che stupido, alla mia età aver paura. Semmai sono gli altri a dover aver paura di me" - lo dici con un sorriso sardonico che non puoi vedere ma che ti sarebbe piaciuto tanto ammirare.

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Si sta facendo tardi.

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- "E' tardi e devi muoverti! Mia moglie non me lo dice mai... non me l'ha mai detto... non sarebbe mai riuscita a dirmelo. Sempre presa da altro: la casa, le amiche, il corso di cucito, la palestra, l'istruttore... si, presa anche dall'istruttore; presa da tutto tranne che da me" -
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- "Ho provato a vendicarmi facendomi altre storie ma alla fine sono stato capace dolo di un paio di uscite e finite piuttosto male. L'unica soddisfazione sono state le prostitute a cui quasi mi ci sono affezionato; capitava che mi facessero addirittura lo sconto considerato che ero ormai un cliente abituale. Secondo loro ero il cliente perfetto: pulito, poco esigente, non chiedevo cose strane e pagavo senza contrattare sul prezzo; almeno per loro ero un valore.

Comunque sia, moglie o no, è tardi ugualmente e devo sbrigarmi" -
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Ti vesti di corsa mettendo il tuo consunto abito grigio. Fai un giro veloce per casa e ti assicuri che le finestre siano ben chiuse come sempre (la sicurezza per te è tutto), spruzzi senza parsimonia il solito deodorante per profumare gli ambienti e corri a preparare la borsa, prestando attenzione a non dimenticare nulla: portatile, alimentatore, mouse, cartelle coi documenti, la penna "buona", il coltello, i dvd con i dati d lavoro, gli occhiali...
Per ultimo, mentre allacci l'orologio, passi da tua moglie. Scosti la coperta e scopri il suo viso avvizzito; guardandola ti sembra la moglie perfetta, taciturna e senza pensieri che hai sempre desiderato.
Vincendo il cattivo odore, ti chini per accennare un bacio sulla fronte e rammenti di quando con un unico colpo hai trasformato la tua storia in un idillio da cui non hai mai saputo separarti.
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- "Basta con i sentimentalismi" - stai per cominciare una nuova giornata di lavoro, felice di aspettare la sera.
Un altro appuntamento con una nuova fiamma.

E' Solo Questione Di Fortuna

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Beata Sordità

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A volte vorrei essere uno stupido, così da non sentire, soffrendo, l'idiozia degli altri.

Una Giornata Tipo

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Anche se il gesto ti è ormai familiare, a prima mattina cercare di aprire la porta non ti riesce al primo tentativo.
Scendi in strada e la prima cosa che ti investe, se non sono automobilisti, è il vento freddo e umido che in un attimo ti fa abbandonare anche l'ultima speranza di poter tornare a crogiolarsi al caldo del proprio letto.

Ormai è tutto come sempre: attraversi, fai attenzione al suono delle auto che sopraggiungono, ricordi di alzare un pò di più il piede per salire su quel marciapiede dal ciglio un pò disconnesso... e, finalmente, arrivi alla stazione dell'autobus.
A quell'ora del mattino trovare qualcuno a cui chiedere quale sia il mezzo giusto per te è quasi impossibile; preghi sempre di non ritrovarti all'altro capo della città che, come già accaduto, ti farebbe arrivare oltremodo tardi a lavoro.

Comincia la giostra; vieni sballottata come una pallina in un flipper, facendo sponda con gli altri avventori del mezzo, mentre il campanello della fermata ti fà da audio in questo gioco anni ‘80.
A fine partita, scendi da quella porta che sbuffa , aprendosi, allo stesso modo di come farebbe anche la biglia quando finisce giu nel buco perchè non hai saputo colpirla in tempo.
Ti accorgi di essere in ritardo di almeno cinque minuti visto che il tuo brano preferito, che stavi ascoltando in cuffia, è finito da almeno una canzone e mezzo.
Con coraggio, acceleri il passo verso la metro cercando di non distrarti e ricordandoti il percorso più rapido per arrivare al binario...
"E' fatta, anche questa è andata" pensi soddisfatta; e adesso comincia la parte più interessante.

Compressa come sempre nei vagoni del treno, tra la folla, cominciano ad arrivare al tuo naso tutti gli odori di quel pezzo di vita; si, perché per te non sono persone ma un "morso" di quella esistenza che ogni giorno ti circonda e di cui cerchi di assaporare quanto più puoi.
Ti diverte cercare di indovinare quale profumo hanno messo anche se a volte si mescola al profumo della carta stampata o, ahi te, di quello meno piacevole di chi ha l'igiene personale come optional.
Ma non ti basta; come un minatore cerchi e cominci a sentire le emozioni più svariate: c'è chi ancora sonnecchia, chi ride e scherza, chi si lamenta, chi rimane in silenzio nel suo guscio e di cui senti solo il respiro, chi ha la musica in cuffia a livello "spacca-orecchie"... "Incredibile cosa si incontra!", te lo ripeti senza mai finirti di stupire.
Però adesso basta, è ora di scendere e pensare alla strada da fare per arrivare in ufficio.

Fortunatamente, non devi più attraversare così prosegui spedita fino al portone dell'edificio dove il custode, accompagnato dall'eco dei suoi passi, si precipita per aprirti la porta a vetri che tintinna come due calici in un brindisi.
Il tuo è un sorriso di circostanza e ti sforzi di salutarlo normalmente; in realtà vorresti urlargli in faccia "Mica sono nata senza mani?", magari dandogli anche una sonora bastonata.
Quando la rabbia ti è passata e hai "rimesso a cuccia" il tuo orgoglio convincendoti che in fondo voleva solo essere gentile, prendi l'ascensore; mentre sali ti sistemi vestito e capelli. Vorresti sapere come stai vestita così, se sei carina o inguardabile, se sembri elegante o casual, se quella acconciatura, che tiene raccolti i tuoi capelli lunghi, ti dona o meno... ma soprattutto sapere se il tuo parrucchiere è bravo quanto dice.

Finalmente alla meta. Ti si scioglie la tensione che ogni mattina ti accompagna e cominci a rilassarti, come quando stai per entrare a casa tua.
Ormai sono quasi 2 anni che lavori lì ma nonostante ciò entri ancora un pò tentennante, per paura di urtare qualcosa che il giorno prima non c'era.
Arrivi alla tua scrivania e, manovrando in modo un pò impacciato, ti siedi sistemandoti le cuffie sulla testa, pronta a cominciare, di lì a poco, a raccogliere le telefonate che stanno per inondarti come l'immensa folla che hai dovuto attraversare per arrivare fin qui. Però è solo lavoro e, di quelli che chiamano, non ti interessa sapere nulla di quanto hai potuto sentire venendo.

Intanto, come da quasi 2 anni a questa parte, molti degli impiegati non possono fare a meno di guardare una bella donna bruna, sui 30, con lunghi capelli neri raccolti sulla testa e una meravigliosa ciocca scappata dal resto dell'acconciatura, che cade morbida sul volto.
La vedono avanzare con passo incerto e lo sguardo fisso in avanti che non fa sconti a nessuna in fatto di bellezza; nonostante i suoi occhi neri siano alquanto inespressivi, non possono ignorare il loro colore scuro e profondo come la notte.
Che favola! Tutti catturati dal suo incedere, a metà tra l'elegante e l'insicuro, e dalle sue gambe "da modella", come dicono in ufficio.
La seguono fino alla sua scrivania, osservando gli stessi gesti che ormai ripete da mesi.
Ma l'incanto di colpo svanisce e la favola dalle belle gambe torna ad essere ‘una di quelli sfortunati’, mentre, tra gli sguardi pietosi dei colleghi, con grazia ripone il suo bastone per cechi accanto alla scrivania.

“Si comincia.”; ti esce dalle labbra come lo sparo al via in una gara di atletica, affrontando una nuova e normale giornata di lavoro.